Azione all’aeroporto: “Stiamo bloccando un volo di Turkish Airlines”
Centri sociali, collettivi e movimenti al Marconi: “Dalla parte delle combattenti e dei combattenti della Siria del Nord e dell’Est. Rise up for Rojava!”. E subito Facebook censura. Ieri striscioni e bandiere a Scienze politiche. Per sabato in programma nuova mobilitazione: alle 15 in piazza XX Settembre.
“Stiamo bloccando il volo di Turkish Airlines”, all’aeroporto Marconi di Bologna. Lo annuncia un comunicato fatto circolare da Rete Jin, Non Una Di Meno, Vag61, Laboratorio Crash, Collettivo Universitario Autonomo, Circolo anarchico Berneri, Làbas, Tpo, Xm24, Coordinamento migranti e Connessioni Precarie.
Subito dopo, torna in azione la censura di Facebook: oscurate alcune pagine tra realtà collettive (è il caso di Làbas) e singole/i attiviste/i. Sono due i gate bloccati dai manifestanti. “Meno male che sono arrivati fin qua. Io sto con loro”, dice uno steward. Spiega il comunicato sull’azione all’aeroporto: “Da ormai una settimana la Turchia ha dichiarato guerra alla Siria del nord e dell’est. Davanti agli occhi del mondo, Erdogan sta invadendo e bombardando l’esperienza confederale del Rojava. Le notizie che ci arrivano dal fronte testimoniano la brutalità di questo attacco: le morti dei civili già non si contano ed è di qualche giorno fa la notizia dell’esecuzione dell’attivista femminista Harvin Khalaf, stuprata e uccisa barbaramente dai miliziani armati dalla Turchia. Non è un caso che questi siano i mezzi con cui si combatte questa guerra.
Quello che la Turchia vuole ottenere, infatti, non è soltanto l’annessione del Rojava ai propri confini, ma la distruzione di un simbolo e di una pratica di resistenza, la riduzione al silenzio delle donne e degli uomini che vivono e lottano in quelle terre. L’annientamento di chi negli ultimi anni è stato in prima linea militarmente contro l’Isis, difendendo la libertà di tutte e tutti; di chi ha immaginato e creato una società diversa. Rojava non significa soltanto resistenza al terrorismo e all’oppressione, ma soprattutto rivoluzione femminista e ambientalista, liberazione dall’oppressione capitalista e patriarcale.
Questa lotta non è una lotta locale, bensì globale, perché ha messo al centro un processo di autodeterminazione, di autodifesa e di costruzione di una realtà che mette in discussione l’esistente, in Rojava e ovunque. Per questa ragione fa paura e, anche per questa ragione, si trova oggi abbandonata di fronte all’attacco turco. Un’invasione resa possibile dalla complicità americana e dall’indifferenza europea e mondiale. La cosiddetta comunità internazionale, oggi, difende la dittatura, il terrore e la violenza e abbandona chi lotta per la liberazione di tutte e tutti”.
Continua il comunicato: “Esemplare il caso italiano, dove si dichiara la sospensione del rifornimento d’armi alla Turchia, nonostante i finanziamenti siano già stati stanziati fino a fine dicembre. Dove, a parole, sono tutti vicini al popolo curdo, ma nei fatti si censurano le pagine che riportano notizie dalla Rojava e persino le foto dei cortei di solidarietà. A ridurre alla più totale inettitudine l’Europa basta la minaccia di Erdogan di aprire le frontiere al passaggio delle e dei migranti. Una paralisi complice, perché frutto di quegli interessi e compromessi politici che giocano costantemente sulla dignità delle persone, sulla loro libertà di movimento, sulla loro vita. Contro tutto questo la scorsa settimana in moltissime città d’Italia, come a Bologna, ci sono state manifestazioni e cortei: il mondo è esploso in un grido di solidarietà, anche nella Turchia di Erdogan dove le mobilitazioni delle compagne e dei compagni sono state però represse con violenza.
Come ci insegnano dal Rojava la solidarietà è un’arma e in questo momento più che mai vogliamo utilizzarla per chiedere la fine di questa guerra, la fine di ogni accordo politico-economico con la Turchia. La rabbia delle combattenti e dei combattenti della Siria del Nord e dell’Est ci impone di schierarci dalla loro parte, di mostrare al mondo che siamo schierati dalla parte della Rojava, della libertà e della rivoluzione femminista, che siamo ostinatamente dalla parte delle e dei profughi che scappano dall’orrore e di tutte le e i migranti che continuano la loro lotta attraversando i confini. ‘Jin jiyan azadi’! Per questa ragione siamo qua per condannare ogni accordo tra l’unione Europea e Turchia e stiamo bloccando il volo di Turkish Airlines”.
E la mobilitazione contro la guerra di Erdogan non si ferma. Per sabato è già in programma un nuovo appuntamento cittadino, in scia alle due manifestazioni che già si sono svolte la scorsa settimana: “Da Bologna aderiamo alla chiamata internazionale di RiseUp4Rojava, mobilitandoci nella nostra città contro la guerra di Erdogan in Siria del Nord”, è l’appello diffuso dalle numerose realtà autogestite che già avevano promosso le precedenti iniziative di piazza. L’appuntamento stavolta è per le 15 in piazza XX Settembre.
Ieri, intanto, striscioni a favore del Rojava e bandiere curde sono spuntate a Scienze politiche (anche ‘nelle mani’ delle statue presenti nella facoltà): “Verità è politica. Il sapere ha l’obbligo di prendere posizione. Oggi (ieri, ndr) siamo stati in Università per ribadire che in occasioni come queste schierarsi dalla parte dei popoli è d’obbligo”, ha scritto Saperi Naviganti.