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Mai più ostaggi in mezzo al mare


DAL SITO DI MEDITERRANEA - Alessandra Sciurba

La vicenda di cui sono stati vittime i 49 migranti salvati dalle navi di Sea Watch e Sea Eye rappresenta un precedente terribile.

“Io ne prendo 40, ma se tu te ne tieni 30. 50 li mandiamo lì, ma in cambio ne vogliono dare 200. Poi ne restano 15 e va bene così, perché possiamo riaprire le compravendite…”

Di cosa si stava parlando? Non certo di animali, perché per loro c’è una sensibilità attenta e trasversale, né di ortaggi o chili di zucchero, ritenuti comunque più preziosi.

Si parlava di esseri umani: donne, uomini, bambini, di cui nelle ultime settimane, in tutta Europa, si è discusso soltanto come rifiuti tossici da redistribuire.

La vergogna che proviamo è enorme. Noi li abbiamo conosciuti, sappiamo i loro nomi, abbiamo ascoltato le loro paure. Li abbiamo abbracciati e consolati quando siamo saliti, il 4 gennaio scorso, a bordo della nave Sea watch 3.

Dopo 19 giorni di segregazione in mezzo al mare hanno messo i loro piedi a terra. C’è la foto della più piccola di loro, appena un anno, dentro il giubbino di salvataggio mentre viene trasbordata sulla nave maltese per raggiungere l’isola.

L’abbiamo tenuta in braccio e abbiamo dovuto sostenere il suo sguardo fiero, abbiamo sentito sulle nostre facce le sue piccole mani mentre ci scrutava.

Vorremmo lo avessero fatto tutti i governanti europei che sulla sua pelle hanno in questi giorni fatto propaganda politica.

Ma forse non servirebbe.

Siamo andati ormai oltre ogni limite di umanità e buon senso.

Il premier maltese ha usato questa piccola bambina come leva di ricatto per mandare via dal suo territorio altre persone che considera sgradite.

In Italia c’è un ministro dell’Interno che mette nello stesso calderone chi ha minacciato e terrorizzato la mamma di quella bambina lucrando sulla sua disperazione, e le persone che invece le hanno salvato la vita: lotta ai trafficanti e alle Ong!

Pochi slogan sono più stupidi di questo.

Il diritto è ormai una coperta troppo corta che ognuno tira dalla sua parte in base ai calcoli della convenienza, la cattiveria è un merito e tutti gli altri sono solo “buonisti”, mentre tendere una mano a chi sta rischiando di morire e portarlo in salvo diventa una colpa e un crimine.

Mentre la legge impone che dopo il salvataggio le persone siano immediatamente sbarcate nel porto sicuro più vicino, abbiamo dovuto subire giorni e giorni di sproloqui in malafede.

“Doveva intervenire la Libia e portarseli indietro”. Lo abbiamo già detto: guardate negli occhi quelle donne che hanno subito ogni violenza in terra libica, e ripetete questa frase se avete il coraggio. Nessuna nave può riportare le persone in Libia o lasciarle in balia delle milizie paramafiose addestrate a formare la cosiddetta guardia costiera libica senza commettere un reato e una gravissima violazione dei diritti umani: la Libia non è un porto sicuro. Ed è in questo caso il governo precedente a quello adesso al potere in Italia ad essersi macchiato di un crimine terribile, con la stipula del Memorandum d’intesa con Al Sarraj, nel febbraio del 2017.

“Le ong furbette tirano la corda per mettersi apposta in queste situazioni”. Cosa avrebbero dovuto fare? Lasciare morire le persone in mare? La loro presenza nel Mediterraneo è una delle poche azioni di cui non ci dovremo vergognare quando la

Storia di questi decenni sarà raccontata ai posteri.

“Non possiamo accogliere tutti i disperati del mondo”. E invece senza migrazioni, come sta già accadendo, i vecchi paesi europei sono a rischio di implosione economica e culturale e i numeri ci dicono che non c’è nessuna emergenza in atto, ma solo la strumentalizzazione del più ancestrale dei fenomeni usato come arma di distrazione di massa per permettere a chi governa di non parlare di altro.

“Non è possibile che Malta e Italia si debbano tenere tutti i migranti”. C’era un modo per evitare questo sistema che è certamente sbagliato, in primis perché neppure le persone salvate vogliono restare a Malta e in Italia: modificare il Regolamento di Dublino. Ma il governo italiano, per fare un favore all’estrema destra ungherese e ai paesi dell’asse di Visegrad, si è opposto quando c’era la possibilità di farlo.

Eppure, c’è stato anche qualcosa di grande e di buono in queste settimane di vergogna.

La resistenza piena di dignità delle donne, dei bambini e degli uomini salvati. La generosità e il coraggio degli equipaggi della Sea Watch III e della Professor A.P. Le piazze gremite di persone con le braccia aperte e sempre meno timore di opporsi al degrado culturale, politico e sociale dell’Italia. I sindaci di questo paese che hanno deciso di mettersi in testa a una battaglia di giustizia in terra come in mare. Le parole del Papa e di tanta parte della Chiesa che, forse memore di un passato poco glorioso in altri frangenti di crisi democratica e di umanità, ha deciso senza mezzi termini da che parte stare. Le navi della società civile, che si sostengono tra loro, e che sono diventate il simbolo di un’alternativa ancora possibile.

Questo mare non deve svuotarsi più di navi. E anche Mediterranea, oltre che supportare sempre chi è già presente nel Mediterraneo, tornerà molto presto.

Ripetiamo oggi quello che abbiamo detto il primo giorno in cui siamo partiti: noi obbediremo sempre al diritto del mare e al diritto dei diritti umani, nonché alla nostra Costituzione. Disobbediremo sempre, invece, alla violenza dei governi quando usano il razzismo per creare consenso, quando calpestano gli individui, quando impongono ordini illegali e ingiusti.

Senza compromessi, senza negoziazioni. Trattando le persone, tutte le persone, sempre da soggetti di diritto e mai da merci o numeri.

Quello che è accaduto non ci fa retrocedere di un passo, ma rafforza la nostra volontà di esserci e continuare.

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